Attilio Gerbino

Recensione della mostra "LE MERAVIGLIE DELLA NATURA" tenuta a Bagheria, maggio 2018

IL CODEX MAMMINA
di Attilio GERBINO

Una rosa, è una rosa, è una rosa.
Gertrude STEIN

Monreale è terra di antico lignaggio, re normanni, monaci amanuensi e artisti eccelsi.
Oggi si può solo immaginare come fosse lo scriptorium del monastero benedettino di Santa Maria Nuova, la sua cattedrale fondata dal re Guglielmo il Buono, ma sfogliando il piccolo e prezioso catalogo dell’ultima mostra di MAMMINA – Le meraviglie della natura, curata da Piero Montana e allestita a Bagheria presso il Centro d’Arte e Cultura omonimo – non ho dubbi sul fatto che il caro Sergio, nato all’ombra dell’imponente monumento normanno, per una qualche anomalia temporale o il capriccio di uno stargate un po’ burlone non sia altro che uno spensierato miniatore highlander, un creatore di immagini prodigiose ed eterne che non rimandano ad un’oscura Età di mezzo ma, al contrario, si proiettano in un raggiante Medioevo futuro.
MAMMINA – l’artista di queste sorprendenti miniature contemporanee – non usa pregiate pergamene, non macina e impasta pigmenti, non affila piume e punteruoli eppure, nonostante tutto, padroneggia in modo magistrale la sua tecnica sempre ineccepibile e rigorosa. A partire dalle carte impaginate sapientemente, soprattutto nel classico formato quadrato, Sergio intesse sorprendenti intrecci di cavi elettrici, filamenti vegetali o umori animali e tra essi libera il suo personale bestiario di esseri alati, insetti e pesci che, taciturni e forse un po’ attoniti, invadono il campo dell’immagine per rispondere alla perfetta regìa del loro creatore che, al contempo, ordina un assoluto equilibrio compositivo e cromatico.
Tra incredibili grovigli di barbarica memoria le civette, le farfalle, i camaleonti, i ramarri, gli sgombri, le triglie, le cernie e i simpatici graphotteri – originali insetti concepiti dall’autore – diventano soggetti in un dialogo muto con gli improbabili oggetti tecnologici lasciati li, pare, con la stessa apparente noncuranza che solo Duchamp avrebbe potuto riservare per i suoi ready-made. Sergio, con lo stesso ilare e gioioso distacco, pianta anche una rosa finta tra i campi dei suoi disegni, campi miniati e non minati, tra Le meraviglie della natura dove mi chiedo se ci sia mai stato o se potrà mai esserci un posticino per l’uomo, scomparso per lasciare spazio ai propri relitti riemersi in un habitat nuovo, generato da chissà quale terribile “day after”.
Nel dubbio di questo dilemma escatologico sul destino dell’uomo, per fortuna, mi soccorre proprio la rosa di MAMMINA, una rosa turgida perché artificiale, una rosa tale solo nel nome esattamente come quella che permette ad Eco, altro geniale demiurgo, di chiudere il suo celebre romanzo del 1980, Il nome della rosa. ______________________continua