Renzo Bertoni / 1
Presentazione in catalogo - Mostra personale presso la Galleria Bateau Lavoir- Roma - maggio/giugno 1983

Nell'introdurre la bella edizione di una serie di serigrafie di Sergio Mammina: "Visioni di Monreale", un'acuta nota critica di Albano Rossi indicava il motivo fondamentale dell'arte di questo giovane pittore siciliano in una allucinata "metafora del fantastico".
"C'è un'allucinazione costante — scriveva Albano Rossi — nel modo puntiglioso e scrupoloso di dispiegare sulla superficie della tela o del foglio un certo tipo di paradossale e contraddittoria imagerie, sì che le cose, collocate in bilico tra realtà e immaginazione, risultano preordinatamente pronte a tradursi in apparizioni oppure a confondersi con l'immutabilità del destino o con l'ossessione dell'incubo".
Difatti la tela bianca, la superficie da dipingere è per Sergio Mammina il luogo di un'operazione particolare: l'incontro, il rapporto tra realtà e coscienza si trasformano in immagine. Di questo incontro, di questo rapporto la pittura di Mammina è proiezione suggestiva ed efficace: il dilemma e l'intrigo esistenziali si riflettono nell'immagine e nella sua elaborazione figurativa. Sondare il meccanismo di questa operazione è entrare nel gioco reale di questa pittura, cercare di coglierne il significato segreto.
Un progetto di lettura delle opere esposte in questa mostra al "Bateau Lavoir", forse il più consono, può essere così espresso: un quadro di Mammina offre la possibilità di avventurarsi in un viaggio non solo visivo, che equivale all'itinerario di una fiaba che è anzi una fiaba che in sé, come microcosmo, la possibilità di interpretare misteri e certezze della vita.
Così in ogni situazione inventata o ritrovata nelle opre di Mammina, insetti, pesci, granchi, farfalle, uccelli, tante e tante sorte di struggente, carezzata animalità, sono sempre presenti la coscienza. il travaglio, il destino dell'esistenza, e — mascherata di sottile ironia — l'angoscia della solitudine e della costrizione che la moderna tecnologia esercita sulla natura, sugli innocenti e disarmati esseri della natura (e lacci, e fibbie, e cerniere, come la pistola posata in un quadro accanto al povero, incolpevole insetto, realizzati con una tecnica così raffinata da superare ogni suggestione naturalistica, da raggiungere, anzi, la freddissima lucidità dell'astrazione, sono di questa costrizione l'evidente simbologia).
Una lettura dell'opera di Mammina, condotta su questo metro, può forse essere arbitraria in rapporto alle sue reali e coscienti intenzioni, ma conferma per lo meno una cosa. Se è vero che Mammina non nega in sé una tensione ad un rituale di derivazione magica, questi quadri, fondati su una singolare presa di coscienza del significato simbolico delle sue "forme" e dei suoi "temi", e su un'altrettanta singolare scelta del procedimento espressivo, sono una riprova, a mio avviso esemplare (esemplare - ripeto - soprattutto in questi tempi di tristissime confusioni, strumentali e strumentalizzate; esemplare soprattutto se si pensa a tanti giovani artisti protetti e privilegiati rispetto ad altri, e sempre protesi a raggiungere e a difendere quella protezione e quel privilegio, con il comodo alibi della "necessità del sistema") di coerenza e di fedeltà alla rispondenza del proprio metodo linguistico col proprio mondo poetico.
I quadri di Mammina sono dipinti in uno studio. La luce e le forme del mondo esterno vi giuocano in maniera a volte appena percettibile. Ma si avverte sempre la tensione a figurare attraverso immagini riportabili alla realtà conoscibile e vicina il permanente mistero dell'ambiguo rapporto tra l'uomo (e gli oggetti dell'uomo) e la natura. .......................continua