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Nicola
Abita
Presentazione della serigrafia realizzata in occasione del
Decennale del Rotary Club Trapani - Erice- 1979/1989
Dire
della moderna tecnologia che è inquinante, distruttiva,
mostrogena, è diventato ormai un atteggiamento abituale,
una moda noisa che sempre meno riattizza la fiamma stanca
delle emozioni umane; ma dirlo con Sergio
Mammina è tutt'altra cosa.
La sua grafica raffinata, dalla "dizione" chiara
e pulita, si offre al lettore inequivocabilmente, come un
monito, un presentimento di catastrofe imminente, che esce
dall'astratto dell'ipotesi e assume i connotati di una mostruosità
non imponente, ma tenace, invadente che penetra nel tessuto
sociale e ne corrode i pilastri.
Le immagini sono simboli affidati ad una prospettiva quasi
planimetrica, dotata di scarsa profondità di campo
e tuttavia ben focalizzata in ogni suo punto: quasi un vetrino
sul quale, attraverso il microscopio della coscienza risvegliata,
scruta l'occhio spalancato di stupore di una umanità
che ostinatamente si nega alla realtà sempre più
drammatica e si concede, senza ritegno, all'estasi di una
tecnologia dilagante.
Talora la dizione figurale di Sergio Mammina sembra uscita
dall'archivio di un acuto psicoanalista; ma chi è
il paziente disteso sul lettino? È l'uomo che attraverso
la rappresentazione di una natura ormai prossima alla resa
descrive il proprio drammatico destino segnato da una prognosi
infausta, oppure è la natura che attraverso il martirio
subito svela tutta la miseria di una umanità ormai
delirante nel suo sogno tecnologico? Tante possono essere
le risposte, almeno quante sono le chiavi di lettura che
ognuno sa trovare.
L'opera di Sergio, fedele al principio che ogni proposizione
porta con sé la propria antitesi, al di là
della narrativa figurale di una realtà allucinante,
evoca immagini di un idillio antico tra uomo e natura, di
una simbiosi ormai spezzata per sempre. Sono immagini soffuse
di nostalgia, che affiorano dai recessi della memoria dei
lettori meno giovani e si fanno accorato rimpianto.
E così, anche nella serigrafia celebrativa del decennale
della costituzione del Rotary Club Trapani-Erice, i due
simboli, il mulino a vento e la Chiesa madre di Erice, diventano
complementari. Il mulino a vento, frutto innocuo e soave
di un antico ingegno, è il muto testimone di una
splendida luce diamantina che l'uomo era riuscito a creare
e che si va mestamente spegnendo sotto l'incalzare del cemento.
Il veccio mulino sembra che rivolga alla Matrice un disperato
appello, un'ultima preghiera che l'uomo non sa più
ascoltare.
Forse l'autore ha scelto i due simboli senza addensare su
di essi tanto significato; ma una fede, se è autentica,
non si rinnega mai. E l'artista, se è vero talento,
vive sempre nella sua opera e nulla può negare di
sé ai suoi estimatori, che ne sanno trovare la chiave
di lettura e ne sanno comprendere il linguaggio, fino ad
aprire quello scrigno, talora segreto anche per l'autore,
che è il suo inconscio.
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