Albano Rossi
"LA PIETA' IMPIETOSA di Sergio Mammina"
Pubblicato sul settimanale Palermo Sport del 21 Novembre 1976

«Il sonno della ragione genera mostri», scrive Goya. Gli animali di Sergio Mammina non sono dei mostri: l’esattezza rigorosa della loro forma, la precisione lenticolare con cui sono prescrutati a fondo e descritti nei loro più minuscoli dettagli morfici, il rifiuto drastico del soggettivismo espressionistico e di ogni allettamento gestuale nella stesura del racconto grafico, danno alla testuggine, alle locuste, al tritone, al basilisco, al camaleonte, al crostaceo, un certificato inequivocabile di esistenza reale nel nostro mondo odierno, ne fanno quella testuggine e quelle locuste, quel tritone, quel basilisco, quel crostaceo, visti – non inventati – e la cui figura rimanda alla presenza in quel bestiario didattico che a ciascuno è dato di consultare e di verificarne l’identità.
Non sono i sogni dell’artista. Eppure questi disegni immotamente silenziosi parlano, ma il loro accento non risuona nella pacata tranquillità di una giornata serena; la pervicace razionalità dell’immagine appare sempre in una luce minacciata che traduce la fredda violenza paralizzata di una coscienza che veglia – quasi suo malgrado – nell’ora incombente di uno sfascio universale.
Nei disegni di Mammina, tra l’animale e le strutture aberranti in cui egli l’ha inserito (tubolature metalliche, sonde, giunti, flange, serpentine, chiavarde, bulloni, raccordi, manopole, condutture, valvole: tutti i biechi strumenti del dramma ecologico che ci sovrasta) le tracce vettrici di un’oppressione esistenziale e di una tensione catartica sono tanto più visibili quanto non effettivamente rappresentate.
Il componimento grafico esiste soltanto in virtù della loro presenza; più è raggelante lo spazio, più diventa una rete di rapporti reali che l’interezza dell’opera lucidamente registra.
Il disegno di Sergio Mammina incide e penetra, non per pressione muscolare, ma per la sua capacità di investigazione e di sintesi.
Parrebbe, anzi, che tanto più sottile è la punta, tanto più essa sfiora la superficie del foglio, tanto più si addentra come una sonda verso profondità e labirinti dell’impaurita coscienza. Un disegno che è «responsabilità», caustica meditazione sul reale e «chirurgia»: e che si invera in una dimensione non naturalistica e insieme «selettiva», e che trova in essa la sua dimensione razionale.
Difatti il procedimento associativo, analogico, ossessivo, mediante il quale Mammina elabora il «montaggio» delle sue immagini, racchiude sempre un nucleo razionale, una componente d’analisi e di indagine che tende di continuo alla definizione e al giudizio di una situazione, di una condizione psicologica collettiva e individuale: il cinismo pubblico e il cinismo privato, lo sgomento di massa e lo sgomento occulto, l’angoscia e l’incubo come malessere unanime o come malessere soggettivo.
La sostanza della sua ispirazione ha qui le sue radici, e di qui si svolge sulla trama dell’ironia, del sarcasmo, della crudezza o della spietatezza epigrammatica.
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